Uccidere un topo è diventata un’impresa degna di Rambo. Usate la colla per provare ad intrappolarlo, e in un modo o nell’altro riuscirà a liberarsi; tentate di utilizzare il veleno per ucciderlo, ma le esche avvelenate scompariranno senza svolgere la loro funzione letale.
La resistenza al veleno che i topi hanno sviluppato nel corso del tempo è principalmente colpa dell’essere umano, che ha sottoposto i topi ad una pressione evolutiva importante. I roditori, in risposta ai nostri svariati e ripetuti tentativi di liberarci di loro, hanno deciso di passare al contrattacco con una mossa che in pochi si aspettavano.
Come ha recentemente documentato il ricercatore Michael Kohn della Rice University, diverse varietà di topi provenienti da tutto il mondo sono riuscite a trasferire geni tra loro, creando ibridi dotati di un’incredibile resistenza al veleno per topi più comune.
Gli ibridi sono generalmente individui particolarmente svantaggiati, soprattutto dal punto di vista riproduttivo. Nel caso di questi topi, solo meno del 50% dei roditori sarà dotato della capacità di procreare; deve esserci quindi un vantaggio evolutivo che ha consentito a questi ibridi di sopravvivere fino ad ora e che bilancia la scarsa fertilità. “Qualche volta, compare uno strano ibrido che ha la giusta combinazione di genomi dalle due specie che lo hanno creato, cosa che lo rende temporaneamente superiore rispetto alle specie originali” spiega Kohn.
La scoperta del “super-topo” è avvenuta all’interno di un panificio tedesco. Il proprietario, dopo aver tentato di uccidere i roditori utilizzando il bromadiolone, una versione potenziata del veleno per topi più comune, si è accorto che il tentativo di avvelenamento era risultato completamente inutile, e ha deciso di inviare qualche topo al laboratorio di Kohn per capire quale fosse il segreto dietro a questa resistenza.
Quando si parla di veleno per topi ci si riferisce generalmente alla warfarina, un composto anticoagulante privo di odore o sapore, ideale per avvelenare esche per topi. La warfarina agisce lungo un periodo di diversi giorni, accumulandosi nell’organismo del roditore man mano che questo si nutre dell’esca, fino a raggiungere la dose letale.
Il bromadiolone, spesso chiamato “super-warfarina”, è un derivato della warfarina più potente del veleno originale, e che ha la tendenza ad accumularsi anche nel fegato dell’organismo avvelenato. E’ sempre risultato efficace laddove la warfarina ha fallito, ed agisce riducendo la quantità di vitamina K nell’organismo provocando emorragie interne letali.
Il problema è che la warfarina e i suoi derivati sembrano ormai essere ben tollerati dalla maggior parte dei topi. Per quale motivo? Perchè i topi europei trovati nel panificio tedesco, oltre ad essere incredibilmente adattabili, sarebbero ibridi di topi europei ed africani dotati di un particolare gene. Questo gene, già noto in alcuni roditori e in altri animali, consente di bilanciare una dieta povera di vitamina K, ma ha come effetto collaterale quello di elevare la soglia di tolleranza alla warfarina.
Kohn si è accorto che una grossa porzione del genoma del topo tedesco era del tutto identica a quella di un roditore africano, il Mus spretus (topo algerino), già noto per aver sviluppato una resistenza alla warfarina.
“La sequenza genetica era identica a quella del Mus spretus, che somiglia ad un topo comune ma non vive in Germania” dice Kohn. “Abbiamo visto quella grossa porzione di DNA che somigliava a quella del Mus spretus, ma geneticamente questi misteriosi topi resistenti al bromadiolone sembravano topi comuni. Sono roditori bizzarri”.
Il topo europeo e quello algerino si sarebbero incontrati in passato in Spagna o in Nord Africa. “In un passato molto distante, questi topi non si sarebbero mai incontrati. Con la diffusione dell’agricoltura avvenuta migliaia di anni fa, gli esseri umani hanno portato con loro senza volerlo anche i topi. Tutto questo ha portato i due tipi di roditori in contatto, e hanno iniziato a creare ibridi”.
I topi avrebbero sviluppato la resistenza al veleno seguendo due strategie differenti: la prima riguarda mutazioni spontanee che hanno consentito al topo algerino di sviluppare la capacità di bilanciare una dieta povera di vitamina K; la seconda, invece, vede coinvolto un processo di trasferimento orizzontale di materiale genetico dal topo algerino al topo domestico.
La cosa si fa ancora più interessante se si considera che il trasferimento orizzontale di geni, il processo in cui un organismo trasferisce parte del suo genoma ad un organismo non discendente, è comune nei batteri e nelle piante, ma è stato osservato meno di frequente negli animali, anche se ci sono diversi precedenti in esseri viventi complessi.
“Abbiamo colto l’evoluzione mentre si verifica” dice kohn. “Il processo che abbiamo descritto (il trasferimento orizzontale di geni) introduce più variazioni nel genoma di una popolazione di quante se ne verificherebbero normalmente con le sole mutazioni. Potrebbe potenzialmente velocizzare l’evoluzione. Forse dobbiamo di accettare il fatto che gli animali sono versatili quanto i microbi e le piante nello sviluppo di nuovi tratti attraverso l’ibridazione”.