Per i cetacei tempi dimezzati: favoriti dall’acqua che li sostiene. Ma c’è chi preferisce diventare più piccolo.
MILANO – Un topo può diventare grande quanto un elefante? La risposta è sì. Ci mette un po’. Un tempo pari a 24 milioni di generazioni. Ma alla fine ci arriva: il topo raggiunge la mole dell’elefante (parliamo di dimensioni). Per un coniglio il percorso di crescita, da piccolo a grande mammifero, è relativamente più breve. A lui servono appena (per modo di dire) 10 milioni di generazioni per incamerare il peso e la stazza di un pachiderma. In questo calcolo si parla di generazioni, non di anni, perché i vari mammiferi hanno cicli di vita diversa: gli elefanti sono longevi, arrivano a compiere 80 anni, mentre i topi muoiono giovani, all’età di due o tre anni. Di conseguenza è stato scelto un parametro comune per paragonare le varie specie in modo sistematico: il numero di antenati.
ANTENATI COMUNI – A fornire questi risultati sulla crescita (in dimensioni) dei mammiferi in base al tempo è uno studio pubblicato il 30 gennaio sulla rivista americana Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences). A curarlo un team di venti ricercatori, tra biologi e paleontologi, che ha pensato di fare un’indagine sulle velocità delle evoluzioni di 28 cladi di mammiferi, ossia 28 gruppi di specie con un antenato in comune, dai primati alle balene, nei quattro continenti. «Per il calcolo hanno usato una metrica paleontologica e non genetica», spiega Telmo Pievani, esperto di evoluzione e docente di filosofia della scienza all’Università Milano-Bicocca, «prendendo in esame i fossili dei mammiferi vissuti dopo l’estinzione dei dinosauri di 65 milioni di anni fa. Quando c’erano i dinosauri, i mammiferi avevano dimensioni ridotte come quelle di un topino o di un topo-ragno. Dopo l’estinzione sono comparsi balene, elefanti e pipistrelli».
DUE FATTORI – Il segreto della trasformazione è composto da due fattori: la selezione naturale e i vincoli fisici della struttura architettonica degli organismi. «Quando i mammiferi hanno trovato il terreno libero dai dinosauri, si sono sviluppati» sottolinea Pievani. Non è andata in questo modo a tutti i mammiferi. Mentre alcuni si dilatavano, altri rimpicciolivano, con una velocità di dieci volte superiore a quella di crescita. «La velocità con cui si sono rimpiccioliti nelle isole», aggiunge l’esperto, «è dovuta a fattori fisici. Nelle isole si ha il fenomeno cosiddetto nanismo insulare. Qui il processo di crescita è svantaggioso. Secondo i ricercatori a causare il nanismo potrebbe essere stata la scarsità di cibo presente in un ambiente ristretto. In questo caso, se si è piccoli è meglio, perché si sopravvive con meno cibo».
ACQUA – Per i ricercatori è stato quasi uno shock scoprire che la velocità di rimpicciolimento è superiore di dieci volte a quella di crescita. Non se lo aspettavano. Eppure le sorprese non sono finite. Per esempio, i mammiferi acquatici hanno avuto un’evoluzione a parte. A quanto pare l’acqua li ha favoriti. Per raggiungere le proporzioni delle balene, partendo dalle dimensioni dei topi, ci hanno messo la metà del tempo rispetto alla crescita dei mammiferi terrestri. «In mare erano più liberi di muoversi e non avevano la gravità che poteva influire negativamente sul peso». Alla fine si possono dire due cose: ci vuole meno tempo per restringersi che per crescere, e in acqua è tutto più facile.