BELLUNO – I cittadini li scoprono ovunque. L’evento a Castellavazzo, Zoldo, Longarone Erto e Casso. I veterinari non hanno una risposta.
Sembra un episodio tratto dalle pagine di un romanzo di Albert Camus. E invece è realtà. Cruda realtà.
Un topo trovato morto su una scala, un altro ancora in garage, diversi in giardino. E poi in piazza, in pieno centro storico, in alcune vie. Tanti, tantissimi. Quasi un’invasione. E sono morti. Stecchiti.
Alcuni persino in fase di decomposizione. Una vera e propria moria. Saranno circa un settantina, forse un centinaio: una quarantina sono stati ritrovati sul territorio di Castellavazzo, altri nella zona dello Zoldano, ma anche a Longarone e dintorni. In particolare all’altezza della galleria di Igne e nei pressi della frazione di Pirago. E pure fuori provincia, a Erto e Casso. Piccoli cumuli di topi morti. Di ogni genere, tipo e dimensione: dai topolini di campagna, ai ratti veri e propri, passando per quella che specie che, per prendere in prestito un termine dialettale particolarmente efficace ed entrato ormai a far parte del vocabolario della lingua italiana, è conosciuta con il nome di “pantegane”.
Insomma, topi di fogna, “celebri” per la lunghezza della loro coda. Sì, il quadretto è tutt’altro che poetico e appare più in linea con l’umida Londra ritratta dalla penna di Charles Dickens, rimanendo in tema di citazioni letterarie, che non con i verdi paesaggi del Longaronese, dello Zoldano e di Castellavazzo. E proprio il paese della pietra (più di altre zone), da qualche giorno a questa parte, si sveglia con una compagnia assai poco gradita: topi senza vita che spuntano come funghi, tanto da mettere in allarme il sindaco e gli abitanti. Mai, prima d’ora, si erano verificati episodi simili. Per lo meno, non con questa costanza. Anche Castellavazzo, come gran parte della provincia, è stata colpita dal terremoto poco meno di una settimana fa. Insomma, il pensiero corre veloce e l’associazione di idee è presto fatta: la moria ha a che vedere con il sisma di sabato scorso? O è pura suggestione? Una cosa è certa: lo sterminio dei topi non è opera dell’uomo o di un folle che ama spargere sostanze tossiche. Gli animali, infatti, non presentano segni di avvelenamento. Ergo, non sono stati uccisi. E la conferma è arrivata dai laboratori dell’Ulss di Belluno: nemmeno l’ombra di una traccia di veleno. Ma allora qual è la natura di questo sterminio? La risposta è ancora avvolta nel buio più profondo. E ad infittire il velo di mistero, spuntano alcuni particolari davvero da romanzo noir: alcuni topi sono stati ritrovati con gli occhi spalancati.
Altri, come conferma Franco Roccon, il primo cittadino di Castellavazzo, «presentavano una macchiolina rossa sul petto». Interpellati sul tema, anche esperti e veterinari di professione faticano a dare una spiegazione a questo fenomeno che assume sfumature poco piacevoli, se non addirittura inquietanti.
Paolo Cecchin, veterinario di Feltre e studioso dei comportamenti degli animali, preferisce «non sbilanciarsi su un argomento di cui non ho particolari conoscenze e, quindi, non saprei spiegare. La categoria più adatta per parlarne è quella degli etologi».
Sulla stessa frequenza i veterinari dell’ambulatorio Dal Borgo di Ponte nelle Alpi: «È difficile individuare la causa, anche perché ci occupiamo soprattutto di cani e gatti. Il terremoto? No, quasi sicuramente non c’è alcuna correlazione tra questa moria e il sisma. Potrebbe dipendere da una forma batterica, ma si ragiona sempre sul campo delle ipotesi». A ogni modo, la vicenda ha connotati per lo meno anomali, se è vero che il «re mondiale della derattizzazione», il trevigiano Massimo Donadon, afferma da sempre che «i topi sono tra gli animali più resistenti, sopravvivono anche alle esplosioni nucleari».
Ora, comunque, verranno effettuati degli esami approfonditi per scoprire una volta per tutte la natura di questa strage di roditori: sei, sette esemplari sono stati inviati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale, dove saranno oggetto di studio.