Una matassa ingarbugliatissima. A quasi un anno dalla vertenza, i sindacati descrivono così la situazione all’interno di Poste Italiane.
E non solo perché la paura di licenziamenti è tanta e il rischio di una scissione dell’azienda (tra recapito e mercato privato) sempre più allarmante, ma anche perché «le cose non cambiano mai, ci sono sempre i soliti problemi mai risolti».
In realtà, questa volta alla sfilza di guai se n’è aggiunto un altro: «La pulizia – spiega Giovanni Martorana, segretario provinciale della Cisl -, abbiamo già sollecitato i vertici affinché intervengano, anche perché a Boffalora sono stati trovati degli scarafaggi, a Salerano dei topi e a Castelnuovo una biscia. Aldilà di questi casi, nelle ultime settimane la pulizia degli uffici era inesistente».
Ieri un gruppo di lavoratori si è ritrovato nel quartier generale della Cisl per fare il punto della situazione. «Già manca il personale – allarga le braccia un dipendente -, se poi ci obbligano a fare le ferie… Sembra che questo sia l’unico pensiero dell’azienda». A breve Cisl, Cgil e Failp si incontreranno per decidere come portare avanti la loro battaglia, in calendario è previsto anche uno sciopero per il 12 ottobre.
L’apertura degli uffici a giorni alterni continua a suscitare un polverone: «Non ci sono responsabili a Comazzo, Valera, Bertonico e Boffalora – dice Martorana -. A Sant’Angelo, Casale e Codogno ci sono grosse criticità legate al personale, così come a Lodi, dove il sabato, in via Volturno, c’erano due persone per la clientela nonostante il pagamento delle pensioni. Allo sportello sembra di stare in trincea ma non è colpa dei lavoratori, i quali subiscono gli effetti della disorganizzazione».
Anche i portalettere “soffrono”, l’arrivo dei nuovi motorini non ha placato la loro preoccupazione, «anche perché le gomme sono fatte in Thailandia e dopo 400 chilometri sono già consumate». I 55 postini in servizio non dispongono tutti di un palmare, «così si ritardano le consegne ed è tutta colpa della cattiva gestione del comparto». I recenti corsi di formazione hanno suscitato alcune perplessità: «In realtà sembra che siano stati organizzati per tranquillizzarci rispetto al timore di licenziamenti, anche se poi possono chiederci di andare a lavorare altrove, magari in un’altra regione».
I direttori sono infuriati, spesso si ritrovano senza colleghi in ufficio e devono gestire anche lo sportello, una mansione che non è di loro competenza e che penalizza tutto il resto: «Chi ci rimette è solo il cliente». «La filiale ogni giorno ti chiede qualcosa in più, come se ci fosse il tempo per sbrigare tutto, a volte non si riesce nemmeno ad andare in bagno». Così come, ogni giorno, i direttori raccolgono le lamentele rispetto ai concorrenti di Poste Italiane sul mercato: «Se la prendono con noi anche quando non c’entriamo, ma tutto questo danneggia l’immagine dell’azienda».
Alla valanga di lamentele si aggiungono quelle dei precari, due ragazzi siciliani che da diversi anni hanno un contratto che gli permette di lavorare solo sei mesi all’anno, «a volte tre mesi in estate e tre mesi in inverno». Per entrambi la misura è colma: «Consegniamo la posta part-time e speriamo sempre di essere assunti. Con mille euro al mese dobbiamo pagare 500 euro d’affitto e le bollette, e mandare i soldi a casa. Lavorando solo sei mesi, chi ci prende per gli altri sei? Speriamo che le cose cambino presto».